LETTERE AL DIRETTORE: BRESSAN E IL GENDER

Signor Direttore,

mi consenta di intervenire sulla dura presa di posizione dell’Arcivescovo Bressan al testo di legge contro l’omofobia che approderà in Consiglio provinciale il prossimo autunno. Al presule non è sfuggita la stranezza che, nonostante i tanti problemi e le mancate risposte che assillano la vita della gente che abita il nostro trentino, la maggioranza (PD, PATT e UpT) ha deciso di conferire priorità a questa legge nonostante il singolo, chiunque esso sia, trovi già una tutela nell’ordinamento giuridico a cominciare dall’articolo 3 della Costituzione e siano già in vigore regole per le pari opportunità.

Malgrado questo, il 16 settembre in Consiglio provinciale inizierà la discussione dei vari articoli che la compongono perché, a detta dei promotori, siamo in presenza di un’emergenza omofobica tale da richiedere un’urgente e speciale tutela di questa tipologia di cittadino “discriminato”. A pensarla in modo diverso è il Difensore civico Daniela Longo che il 20 maggio, in audizione davanti alla Commissione competente, aveva però dichiarato l’inutilità della legge in discussione ricordando che non aveva ancora dovuto affrontare casi di discriminazione o di bullismo omofobico ma soltanto di tipo etnico e razziale. Entrando nello specifico delle norme della legge l’avvocato Longo aveva pure rilevato che molte di quelle contenute nella direttiva sono generiche, fanno riferimento a norme nazionali che già sanciscono i diritti rivendicati. Si possono perciò creare problemi nell’applicazione della legge e creare confusione e incertezza ai cittadini. Inoltre il Difensore civico non ha nascosto dubbi sulla competenza della PAT per quanto riguarda la valorizzazione del pluralismo sessuale.

Perché allora voler ostinarsi ad approvare una legge inutile per quanto riguarda la tutela dell’individuo?

La mia sensazione e il mio sospetto sono che con questa legge la politica si stia prestando a dar cittadinanza all’ideologia gender introducendo, nei percorsi scolastici, principi e testi che la caratterizzano per condizionare e pilotare al suo pensiero bambini e ragazzi (ad esempio: hai 14 anni, sei maschio ma se vuoi… puoi diventare donna; tu non sei ciò che nasci ma ciò che vuoi essere) lasciandone la regia alla scuola e alle stesse associazioni gay e lesbiche. Insomma, con l’approvazione di questa legge il rischio è quello di favorire una scuola di rieducazione che bypassi la famiglia e neghi ad essa il diritto primario nell’educazione sessuale dei figli, nell’appellarsi all’obiezione di coscienza e alla pluralità di pensiero. Tutto questo va fermato!

Il Consigliere Claudio Cia

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