Le dirette dei parti. E’ l’ultima trovata di molte donne che hanno deciso di pubblicare in diretta Facebook il loro parto.
Inutile negare che grazie all’era di internet e soprattutto dei social molti tabù sono stati liquidati. Però, ancora, fino a che punto ci si può spingere?
Se da un lato la diretta del parto ci dimostra come davvero molti tabù e molte inibizioni siano svaniti nel nulla, allo stesso tempo il dubbio resta: non si è forse andati troppo oltre? Tralasciando le immagini proposte dai video, che mostrano un qualcosa del tutto naturale che non dovrebbe assolutamente scandalizzare, anche se inevitabilmente quantomeno lascia di sasso a prima visualizzazione, non abbiamo forse con questi video superato un limite? Buon costume o no, è innegabile che il parto è forse il momento più intimo che una donna ha con la propria creatura, è qualcosa di viscerale, e al di là della gioia di una donna che diventa madre, è davvero il caso di condividere un tale momento col mondo intero? Non è questione di pudore, che è un concetto estremamente soggettivo e dipende molto dalla personalità, dall’educazione e dai valori che una persona possiede, quanto piuttosto una questione di sentimenti, di emozioni e talvolta anche di privatezza che può solo addolcire un momento del genere.
I social ci hanno abituato a “farci gli affari degli altri” costantemente, senza farci alcuno scrupolo o porci il problema, ma ci hanno anche abituato a rendere pubblica ogni nostra esperienza. Quello che però spesso capita è che col tempo si matura una sorta di assuefazione: quasi si sente il bisogno impellente di render noto quello che ci capita e se non capita siamo noi a farlo capitare (non poche sono le messe in scena sui social). Così facendo ci abituiamo a vivere meno intensamente le nostre esperienze, i nostri attimi, sempre filtrati da uno schermo che riprenda o immortali il tutto.
Non è forse lo stesso per una madre che decide di rendere il suo parto pubblico? Hanno le donne “pioniere” del parto in diretta facebook vissuto quel momento al massimo? Forse sì, forse no. Certo è che il supporto che hanno ricevuto non è stato indifferente: molte donne, catturate e affascinate da quelle dirette, si emozionavano, incitavano le madri nel video, le supportavano. Ma chi può dire se realmente ci si stesse rendendo conto che quello che stavano guardando non era un documentario o un film incensurato, quanto piuttosto delle donne che realmente in quel preciso istante si trovavano a dover partorire. Di nuovo, il punto focale della questione non è tanto l’adeguatezza delle immagini, quanto il messaggio che se ne ricava. E qual è stato in questo caso? Sembra che sia che tutto è destinato, senza vincoli, ad essere pubblico, che i confini tra quel che è finzione e quel che è realtà si stiano assottigliando sempre più, che l’intimità di un momento è pronta a divenire cosa rara e ad essere sostituita dalla condivisione con estranei.
Il pericolo insito è quello di vivere attraverso schermi, confondendo la vita reale con quella virtuale e finendo per assuefarsi alla virtualità in modo così forte da lasciare che la vita reale, i rapporti e le relazioni interpersonali siano come attività del nostro subconscio, per poi risvegliarsi da una specie di trans solo quando ci si connette con gli altri utenti di un qualsiasi social. È, allora, forse opportuno porre un limite, evitare straripamenti e arginare le conseguenze di un fenomeno che a livello macroscopico è inaudito e senza precedenti e ridare alle persone il senso dell’intensità fisica e psicologica nel vivere.
di Lorena Bisignano